Breve riflessione del direttore don Piero Galvano n.2 (22/03/20)

don pieroCarissimi collaboratori e volontari Caritas,

innanzitutto un fraterno saluto nel nome del Signore Gesù e un grazie di cuore per tutto quello che avete operato in Caritas e che continuerete a fare, passato il pericolo “coronavirus”. Spero che stiate bene.

Desidero condividere con voi un’altra breve riflessione, su un brano del Primo Libro dei Re, che ci aiuta nel cammino della vita cristiana.

DAL PRIMO LIBRO DEI RE

Acab riferì a Gezabele ciò che Elia aveva fatto e che aveva ucciso di spada tutti i profeti. Gezabele inviò un messaggero a Elia per dirgli: «Gli dei mi facciano questo e anche di peggio, se domani a quest'ora non avrò reso te come uno di quelli». Elia, impaurito, si alzò e se ne andò per salvarsi. Giunse a Bersabea di Giuda. Là fece sostare il suo ragazzo. Egli si inoltrò nel deserto una giornata di cammino e andò a sedersi sotto un ginepro. Desideroso di morire, disse: «Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri». Si coricò e si addormentò sotto il ginepro. Allora, ecco un angelo lo toccò e gli disse: «Alzati e mangia!». Egli guardò e vide vicino alla sua testa una focaccia cotta su pietre roventi e un orcio d'acqua. Mangiò e bevve, quindi tornò a coricarsi. Venne di nuovo l'angelo del Signore, lo toccò e gli disse: «Su mangia, perché è troppo lungo per te il cammino». Si alzò, mangiò e bevve. Con la forza datagli da quel cibo, camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l'Oreb. (1 Re 19, 1-8).

Tutti potremmo avere nella nostra vita il desiderio di morire, come il Profeta Elia, a causa di molteplici e dolorosi motivi: la tragica amarezza della solitudine nella sofferenza, le ingiustizie subite, le malattie incurabili, i persistenti problemi economici e lavorativi, le delusioni amorose, le ansie e le depressioni, le incertezze sul futuro, la tragedia del coronavirus ecc.

Tutti, come Elia, potremmo dire “Ora basta, Signore! Prendi la mia vita..” perché non ce la facciamo più a sopportare le sofferenze di questa vita, non ce la facciamo più ad andare avanti, siamo scoraggiati e non riusciamo a vedere la soluzione dei problemi esistenziali.

Ancora una volta il Signore si china su di noi, poveri peccatori: ci viene incontro e ci salva con il cibo della sua Parola, del suo Corpo e del suo Sangue, con l’incoraggiamento di una persona amica, con la consolazione di un fratello o di una sorella nella fede, con la condivisione dei beni materiali, con la preghiera silenziosa, con il sorriso di un bimbo appena nato ecc. La molteplice presenza del Signore in mezzo a noi ci dà forza per andare avanti nel cammino faticoso dell’esistenza fino alla Patria Eterna del cielo.

“Il calcio di Dio”, potremmo definirlo così quello strattone, quella spinta con cui il Signore in mille modi diversi ci scuote, trasmettendoci la sua energia, di cui abbiamo bisogno per andare sempre avanti nella vita, nelle gioie e nelle sofferenze: sull’esempio di Elia anche noi dobbiamo avere l’umiltà di accettare il suo aiuto, di “mangiare” quanto il Signore ci dona ogni giorno per recuperare il vigore di una fede semplice ma solida, che ci aiuta a riconoscerlo in ogni volto umano, in tutta la storia della nostra vita.

“Il mio aiuto viene dal Signore”, proclama il salmo: “egli ha fatto cielo e terra”. (Sl 121,2).

Come Elia “mangiò e bevve”, così anche noi non rifiutiamo il Signore nella nostra esistenza, non mettiamolo da parte, ma lasciamoci “toccare” il cuore dal suo amore di Padre.

Maria, Madre della Chiesa, aiuti e guidi il nostro cammino.

In Cristo Gesù

Don Piero Galvano

(Direttore Caritas)

Clicca per visualizzare la Breve riflessione n.1 (15/03/20)

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