Giornata mondiale del rifugiato a Catania, Imam e Arcivescovo pregano in Moschea per la fratellanza tra i popoli.

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Mons. Luigi Renna: “Ci muove anche quello sguardo al futuro che ci dice che abbiamo bisogno di questi fratelli, dei loro talenti, della loro voglia di vivere per costruire il futuro del nostro Paese e dell'Europa”. L’Imam Kheit Abdelhafid: “L’accoglienza è valore comune a tutte le fedi”.

CATANIA. Una preghiera che accomuna la comunità cristiana e musulmana per ricordare che i temi della Giornata Mondiale del Rifugiato – prevenire e risolvere conflitti, contribuire alla pace e alla sicurezza dei rifugiati – riguardano tutta la famiglia umana. Ieri, martedì 20 giugno, giornata scelta dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per celebrare la ricorrenza della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati, l’Arcivescovo di Catania, Mons. Luigi Renna, l’Imam Kheit Abdelhafid e il direttore della Caritas Diocesana, don Piero Galvano, hanno guidato fedeli cristiani e musulmani in un momento di riflessione e preghiera per ribadire l’importanza di essere una comunità unita e accogliente. Un’occasione anche per ricordare le recenti vittime del mare che si aggiungono a una lista che già conta tragicamente decine di migliaia di persone decedute nel tentativo di raggiungere l’Europa.

La Giornata arriva in una fase strategica a livello europeo sulle politiche migratorie: nelle scorse settimane i ministri degli Interni Ue hanno trovato un accordo per rivedere le norme su sbarchi e accoglienza in vista del negoziato che il Consiglio Ue dovrà avviare con il Parlamento comunitario. Elementi di interesse collettivo ripresi, nel suo intervento, dall’Arcivescovo Mons. Luigi Renna: “In questi giorni che a livello nazionale ed europeo si stanno rivedendo le norme di accoglienza degli immigrati, la nostra attenzione va alla dignità di questi fratelli e queste sorelle, a coloro che cercano rifugio fuggendo da guerre, carestie e situazioni in cui vengono negati i diritti”. Bisogna ricordare, ha sottolineato l’Arcivescovo, che “essi provengono da Paesi in cui hanno subito ferite che non possono lasciare indifferenti” e “ci muove il senso di rispetto dovuto ad ognuno libero di restare o di partire dalla propria terra”.

Un impegno che non può lasciare indietro nessuno perché l’accoglienza è un fondamento della nostra umanità, ha spiegato l’Imam Kheit Abdelhafid, che è anche presidente delle Comunità islamiche di Sicilia: La comunità cittadina è molto sensibile nei confronti del fenomeno migratorio, che riguarda anche la questione dei profughi, perché tutti noi sappiamo che i nostri fratelli e le nostre sorelle, che approdano sulle coste siciliane e dell'Europa, scappano dalla miseria, dalla guerra, dalle persecuzioni”. Anche don Piero Galvano, direttore della Caritas Diocesana, ha voluto evidenziare “l’obbligo dell’accoglienza che ci riguarda da vicino e interessa la nostra quotidianità, perché non possiamo permetterci di continuare ad assistere impotenti alla tragedie del mare, occorre che si esca dalla logica dell’emergenza per trovare soluzioni che possano garantire partenze e arrivi in sicurezza”. Lo ha ribadito anche l’Imam che si è appellato a un comune sentire delle religioni: “Accogliergli è un dovere che è sancito anche nella nostra tradizione islamica perché c’è un versetto del Corano che esorta a dare un rifugio a chiunque lo chieda, per garantire la sua sicurezza. È un valore che hanno in comune tutte le fedi”.

Un’accoglienza che si traduce in uno scambio che arricchisce reciprocamente: “Ci muove anche quello sguardo al futuro – spiega Mons. Luigi Renna - che ci dice che abbiamo bisogno di questi fratelli, dei loro talenti, della loro voglia di vivere per costruire il futuro del nostro Paese e dell'Europa”. Quindi il riferimento al Santo Padre: “Come ci dice papa Francesco:’...il futuro comincia da ciascuno di noi. Non possiamo lasciare alle prossime generazioni la responsabilità di decisioni che è necessario prendere adesso’”. Un passaggio che si riflette in una quotidianità che nel capoluogo etneo si costruisce da anni e che oggi può considerarsi un modello di convivenza e di dialogo: “Vivo a Catania ormai da trent’anni – evidenzia l’Imam Kheit Abdelhafid – e qui abbiamo costruito, grazie all’impegno della Chiesa e di tutta la società civile, una bellissima realtà di supporto e di aiuto reciproco, anche nei momenti di grande difficoltà”.

(21/06/23)

 

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