Breve riflessione del direttore don Piero Galvano n. 8 (25/04/20)

don PieroCarissimi collaboratori e volontari Caritas,

innanzitutto un fraterno saluto nel nome del Signore Gesù. Spero che stiate bene.

Desidero condividere con voi un’altra breve riflessione, su un brano del Libro dell’Esodo, che ci aiuta a capire l’importanza della preghiera nella nostra vita.

DAL LIBRO DELL ’ ESODO

Amalèk venne a combattere contro Israele a Refidìm. Mosè disse a Giosuè: «Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalèk. Domani io starò ritto sulla cima del colle, con in mano il bastone di Dio». Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalèk, mentre Mosè, Aronne e Cur salirono sulla cima del colle. Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalèk. Poiché Mosè sentiva pesare le mani, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi si sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l'altro dall'altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole. Giosuè sconfisse Amalèk e il suo popolo, passandoli poi a fil di spada. (Es 17, 8-13).

Avere l’umiltà di “alzare le mani” verso il cielo, in ogni circostanza della nostra vita, non è da tutti: invocare l’aiuto del Signore significa riconoscere i limiti della nostra natura umana, di essere creature, di non poter risolvere da soli, senza l’aiuto del Signore, tutti i problemi che la vita ci pone innanzi, di essere peccatori, imperfetti.

In base a un recente report dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, a livello globale il suicidio è la seconda causa di morte (subito dopo gli incidenti stradali) tra gli under 30 e ogni anno nel mondo si tolgono la vita 880.000 persone, di cui 56.200 in Europa e 4000 in Italia. I dati sono allarmanti. Perché? Le cause sono molteplici, ma nessuno ha il coraggio di dire che all’interno della nostra società c’è un vuoto spirituale, c’è un’assenza totale di Dio che sta alla radice di tutti i nostri malesseri e delle nostre infelicità.

“Confida nel Signore con tutto il cuore e non appoggiarti sulla tua intelligenza”, ci consiglia il Libro dei Proverbi (Pro 3,5). Basta alzare le mani al cielo, sull’esempio di Mosè, e affidare la propria vita totalmente al Signore, come bambini, per superare paure ed angosce, affanni e problemi della vita.

La preghiera è dialogo, rapporto filiale con Dio Padre, intima comunione con il Signore Gesù, fare tutto nel suo nome, anche quando la nostra “anima è triste fino alla morte” (Mt 26,38). Pregare, non significa pretendere da Dio tutto quello che gli chiediamo. Gesù, nel Getsèmani, pregò per ben tre volte dicendo: “Padre mio, se questo calice non può passare via senza che io lo beva, si compia la tua volontà”. (Mt 26,44).

La nostra preghiera sarà autentica, nella misura in cui, anche noi oggi, sull’esempio di Gesù, che ha vissuto la sua esistenza sempre in comunione con il Padre, sappiamo rimettere tutta la nostra vita nelle mani di Dio Padre.

Il Salmo 117 proclama: “È meglio rifugiarsi nel Signore che confidare nell’uomo. È meglio rifugiarsi nel Signore che confidare nei potenti”.(Sl 117,8.9).

Maria, Madre della Chiesa, aiuti e guidi il nostro cammino.

In Cristo Gesù

Don Piero Galvano

(Direttore Caritas)

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